“E vide e credette” – Pasqua di Resurrezione, Anno B

“E vide e credette” (Gv 20,8).

Abbiamo appena ascoltato il Vangelo, parola che significa “buona Notizia”. Ma quale notizia buona è risuonata per noi? Con affetto, tristezza, amore siamo andati con Maria e i discepoli al sepolcro dove venerdì abbiamo deposto Gesù e abbiamo trovato il sepolcro aperto e vuoto. Ci era rimasto soltanto il corpo di Gesù e neppure questo è più qui. Ci è stato tolto Gesù, la sua parola, i suoi gesti e ora anche il suo corpo. Come può essere una bella notizia? Quale il valore di aver portato il libro dei Vangeli con festa, preparando il giardino del sepolcro?

Tutta la nostra fede è basata sull’assenza di un cadavere, un’assenza che annuncia la risurrezione di Gesù. Lo sappiamo dai diversi racconti del Vangelo: il sepolcro è aperto e dentro non vi è più il corpo di Gesù perché lui è Risorto. Il Dio nudo, appeso, sconfitto e straziato, il Dio deposto sulla fredda pietra non è più qui, è Risorto. Risorto, non rianimato, non ripresosi, non soltanto vivo nel nostro ricordo, ma davvero vivo, presente per sempre. A noi, ora, di credere a questa novità e di lasciare che ci sorprenda, ci coinvolga, ci metta in movimento, perché se Cristo è Risorto non è possibile continuare a vivere come sempre.

Non è facile credere a questa notizia, lo sappiamo bene. Incontreremo, in questi cinquanta giorni, la fatica che hanno fatto gli apostoli, che è la nostra, a convertire il cuore a questa sconcertante novità. Tutti abbiamo una qualche ragione per sentire vicino Gesù crocifisso. Tutti ci commuoviamo davanti a tale strazio, tutti sappiamo condividere il dolore che è esperienza comune di ogni uomo. Ma gioire no, è un altro paio di maniche, gioire significa uscire dal proprio dolore, non amarlo, affrontarlo, abbandonandolo. Per fare posto alla buona notizia della risurrezione di Gesù è necessario percorrere il cammino di Pietro e Giovanni, ossia fidarsi della Parola, uscire di casa, andare nel luogo dove Gesù è stato sepolto, fare i conti con il sepolcro aperto e soprattutto entrarvi. Entrarvi. Ecco il passo necessario. La fede nel Risorto nasce se abbiamo il coraggio di entrare nel mistero della sua morte, se abbiamo il coraggio di lasciare l’esterno per entrare lì, nel chiuso del silenzio, della solitudine, della verità di noi. Per scoprire la risurrezione abbiamo bisogno di entrare nel sepolcro della nostra anima e confrontarci con Dio, fare i conti con lui, permettergli di rispondere alle nostre domande più vere sulla vita, sul domani, sulla nostra persona.

Maria, Pietro e Giovanni… videro e credettero e il seguito del Vangelo ci parla di loro come persone che dopo tanta accorsa non smettono di correre, ma vanno dagli altri discepoli e poi con loro diventano apostoli anche presso quanti non hanno conosciuto Gesù. Come loro, oggi possiamo ripartire da qui per far fiorire la vita attorno a noi, per smuovere dalla tiepidezza i colleghi di lavoro, i compagni di classe, i parenti, incoraggiare anche loro a fermare la corsa e ad entrare nella tomba. Entriamo nel sepolcro con il silenzio, la preghiera, la riflessione: prendiamoci il tempo per il dialogo con una guida spirituale. Allora scopriremo la forza del Risorto. Allora diventeremo apostoli di questo Vangelo, di questa buona Notizia.

Buona Pasqua!

– don Silvano, Casa Sant’Andrea