Pronti a rispondere della speranza – VI domenica di Pasqua, Anno A

Pronti a rispondere della speranza. (cf. 1Pt 3,15)

“Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1PT 3,15). Ecco la chiamata che oggi il Signore ci rivolge. È un appello a vivere la nostra dignità, ad essere cristiani.

Ma chi è il cristiano? Anzitutto è uno che ha una speranza nel cuore. Avere una speranza nel cuore, non vuol dire essere ottimisti o avere la capacità di guardare alle cose con buon animo e andare avanti nonostante tutto, e non è neppure semplicemente un atteggiamento positivo, come quello di certe persone luminose, fiduciose. Seppur cose buone, tutte queste non sono la speranza. Essa, piuttosto, assomiglia ad un’ancora. In questa maniera la raffiguravano i primi cristiani. È un’ancora fissata nella riva dell’aldilà, oltre lo steccato della vita terrena: è un’ancora fissata in Gesù Risorto. Il cristiano è uno che ha ancorato il proprio cuore all’eternità, a Cristo Signore, a lui che ci ama. Il cristiano è uno che ogni giorno vive quasi camminando sulla corda a cui è agganciata l’ancora, una persona che porta nel cuore la certezza di essere amato da Dio, un amore fedele che gli offre l’eternità. E questa speranza lo rende sereno, fiducioso, sorridente, aperto. E di questa speranza il cristiano ne è fiero, tanto che non teme di condividerla, spiegarla, annunciarla a chiunque.

Così siamo chiamati ad essere anche noi, ossia cristiani che vivono ancorati a questa promessa, ancorati alla speranza vera. Ma siamo davvero ancorati ad essa? O, meglio, dove siamo ancorati noi? Siamo ancorati proprio là, sulla riva di quell’oceano tanto lontano o siamo ancorati in una laguna artificiale che abbiamo fatto noi, con le nostre regole, i nostri comportamenti, i nostri orari, i nostri schemi, le nostre comodità e sicurezze? Non è facile rispondere a questa domanda, eppure è necessario, perché la nostra testimonianza è colorata proprio da questo ancoraggio. Se sono ancorato nei soldi, nell’apparire, nel potere,… sarà questa la non-speranza che comunico agli altri, voglia o non voglia. Se sono ancorato nella paura, sarà questa la non-speranza che porto. Se sono ancorato in Cristo, sarà di lui che vivrò, parlerò, annuncerò!

La speranza vuole crescere in noi e, allora, pieghiamoci ad adorare Cristo, che abita nei Sacramenti, nella Parola, nei lontani, nei deboli e nei nostri cuori. Ancoriamoci a lui e a lui soltanto, coltivando la preghiera, la Messa domenicale. E con questa speranza, quasi sentendo una corda che porta in profondità, viviamo i nostri impegni, pronti a dare ragione in modo corretto, semplice, di lui, pronti a condividere la nostra esperienza di fede, le nostre domande, ma anche le semplici e grandi verità che danno solidità alla nostra vita.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea