«Io ho visto e testimoniato che questi è il figlio di Dio» – Seconda domenica del tempo ordinario, anno A

«Io ho visto e testimoniato che questi è il figlio di Dio» (Gv 1,34).

Ci sono incontri che ci prendono il cuore e non riusciamo a fare a meno di raccontare agli altri: quando vediamo o ascoltiamo qualcosa di coinvolgente è difficile che ciò non emerga nei discorsi che facciamo in famiglia o con gli amici. Così è stato per Giovanni il Battista dopo che ha visto Gesù andare da lui per farsi battezzare: dopo che ha visto scendere su di lui lo Spirito lo ha detto ad alta voce, pieno di entusiasmo alle persone che si trovavano con lui: «Ecco l’agnello di Dio» (Gv 1,29).

Vedere e testimoniare sono i verbi che accompagnano Giovanni. Egli vede e testimonia ciò che vede e lo fa in prima persona, avvertendo un coinvolgimento tutto personale e mettendoci la faccia: «Io ho visto e testimoniato che questi è il figlio di Dio» (Gv 1,34). Sono anche i verbi della fede della Chiesa, della comunità e di ciascuno di noi. Noi crediamo nel Figlio di Dio che si è fatto vedere, incontrare, toccare, ascoltare e quanto più questa esperienza è personale essa diventa la nostra testimonianza, ciò che raccontiamo con le parole e lo stile di vita. La nostra fede si fonda proprio su un’esperienza del Signore, sul vedere nostro e di altri che lo hanno incontrato, sul nostro riconoscerlo Figlio di Dio presente e vivo in tanti segni: nella Parola che ascoltiamo, nei Sacramenti, nella comunità, nei poveri, nella vita di tante persone. Questo incontro sentiamo poi l’urgenza di condividerlo e consegnarlo ad altri: alle persone con cui viviamo, ai figli, alle persone affidate nella catechesi, a chi sperimenta il dolore e l’incertezza, alle persone che incontriamo sul pianerottolo di casa o nel posto di lavoro. La fede vive della visione, dell’esperienza personale e della testimonianza, dell’incontro con il Signore e della consegna di lui agli altri, dicendo anche noi, con entusiasmo e sano protagonismo: «Io ho visto il Figlio di Dio».

Vedere, ecco il primo verbo della fede. Un verbo così famigliare, ma che probabilmente avvertiamo lontano proprio dalla fede. La fede sembra essere qualcosa che ha a che fare con l’invisibile più che con il visibile e, in parte, è vero: molto della nostra fede è invisibile agli occhi. Molto altro, però, è visibile e se gli occhi sono limpidi, liberi dai pregiudizi, carichi di fiducia, possono riconoscere la presenza del Signore, Figlio di Dio tra di noi. In modo sorprendente il Signore si fa vedere da chi lo cerca con cuore sincero, da chi ha occhi capaci di guardare in profondità, oltre la scorza delle cose, da chi sa posarli lì dove li posava Gesù: sui poveri, sugli ammalati, sui bambini, sui peccatori, sulla fragilità, sui grandi desideri, sulla natura, sul Dio. Probabilmente “vedere” è un verbo che sentiamo poco familiare con la fede perché in tante occasioni i nostri occhi sono superficiali, amano fermarsi su ciò che da un immediato piacere e coinvolgimento, sulle incoerenze degli altri, sulle cose che non vanno, sui conflitti, sulla zizzania e sul male. Un po’ di “collirio” potrebbe allora farci bene e aiutarci a scegliere la gioia e il piacere che vengono dal sostare con lo sguardo sul bene, per poi riconoscere il Sommo bene: il collirio della calma, del silenzio, dell’umiltà del cuore, della contemplazione, della libertà da se stessi.

Vedere e testimoniare. Io posso essere quel credente che vede il Figlio di Dio e lo testimonia. Partiamo dal vedere, intanto. Fissiamo lo sguardo lì dove lo fissava Gesù. Guardiamo le cose con i suoi occhi e lasciamoci stupire dalla sua presenza che ci precede.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea