“Colui che mangia me vivrà per me” – XX domenica del tempo ordinario, anno B

“Colui che mangia me vivrà per me” (Gv, 6,57).

Un giovane a noi familiare, il beato Pier Giorgio Frassati, era solito ripetere la frase “Vivere e non vivacchiare”. Era un giovane appassionato della vita, un entusiasta del Vangelo e desiderava vivere in pienezza tutti questi doni. Per lui vivere davvero significava coltivare la fede, difendere un patrimonio, sostenere in una lotta continua la Verità. Ed aveva colto bene. Si può vivere in tanti modi, ma come direbbe un altro grande uomo, don Tonino Bello, vivere non è, «trascinare la vita», non è «strappare la vita», non è «rosicchiare la vita».

Anche noi sentiamo il desiderio di vivere e di non vivacchiare.
Tutti noi vogliamo vivere pienamente. Ad ogni età sentiamo questo grande desiderio.
Diversamente non potrebbe essere: siamo fatti per l’eternità, per la vita eterna, la vita di Dio. E questa vita non avrà inizio dopo la morte: è già iniziata, il giorno del nostro Battesimo. Da quel giorno è iniziata la vita vera che siamo chiamati a esprimere senza vivacchiare, forti della dignità di figli di Dio che abbiamo ricevuto, forti della grazia di Dio che ci abita.

Per aiutarci a vivere, a coltivare al vita eterna che abita in noi, oggi il Signore ci dona un cibo nuovo: se stesso, la sua carne e il suo sangue.
Stiamo attenti alle parole e allo spessore di quanto ci dice.
Gesù usa parole molto forti: usa il verbo “masticare”, le parole “carne” e “sangue”.
Non ci sta consegnando un’immagine, delle idee, delle parole per dire altro…
Ci sta consegnando il suo Corpo, come farà nell’ultima cena.
Forse ci siamo abituati a queste parole o forse ci scandalizzano come i giudei.
Ma è da questo cibo che viene la forza per vivere e non vivacchiare.
Da questo cibo viene la vita eterna, perché questo cibo ci fa diventare una cosa sola con lui, una cosa sola con il Padre.

Non abbandoniamo questo cibo, non smettiamo di nutrirci dell’Eucaristia.
Nutriamoci di Cristo, del suo Corpo e facciamolo con fede, con amore, consapevoli del grande dono che il Signore ci fa.
Lasciamo che questo cibo ci trasformi, converta il nostro cuore a Dio, ci aiuti a vivere.
Impariamo da Gesù e forti del suo cibo facciamoci carne da mangiare e sangue da bere per gli altri: lasciamo che questo cibo vinca la nostra paura di soffrire, la paura di consumarci, la paura di amare come Cristo e ci renda amore.
Questo sarà il nostro vivere e non vivacchiare.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea